lunedì 30 novembre 2009

Petroldollari 1.5

La seconda crisi petrolifera.
Durante gli anni '70 l'Iran ottenne un appoggio incondizionato da parte degli Stati Uniti, convinti che rappresentasse il più solido baluardo antisovietico dell'area. Dal 1978 il paese precipitò nel caos con proteste e scioperi di massa. I fondamentalisti islamici accusarono lo Scià, e videro in lui e nei suoi rapporti con gli Usa la causa della nuove riforme occidentali estranee alla cultura tradizionale del paese. In questa situazione emerse un leader religioso, l'ayatollah Khomeini, che lanciò appelli all'unione di esercito e popolo per chiedere il suo ritorno dall'esilio. Il 16 gennaio del 1979 lo scià dovette fuggire all'estero e poco dopo l'ayatollah Khomeini rientrò in patria. Il trionfo della repubblica islamica aveva un chiaro obiettivo antiamericano. In aprile del 1979 l'Iran attuò una politica di rialzo del prezzo del petrolio, appoggiato dalla Libia, e si ritirò dal mercato. L'Arabia Saudita, fedele alleato americano, decise di abbassare i propri prezzi e di aumentare la produzione per paura di una concorrenza al greggio dell'OPEC da greggio di altra provenienza. Ma il prezzo del petrolio passò da 14.5$ del 1979 a 30$ del 1980 con un aumento superiore al 100%. L'aumento del prezzo del petrolio fu affiancato da una rivalutazione del dollaro e da un aumento del tasso di interesse. Sempre in questo anno, nel 1979, andò al potere in Iraq Saddam Hussein e nel 1980 si acuirono le tensioni tra Iran e Iraq.
Il 22 settembre del 1980 le forze aree irakene attaccarono l'Iran appoggiate da truppe di terra. In questo conflitto la borghesia irakena riceveva l'appoggio di USA e URSS, spaventati dall'integralismo islamico della rivoluzione khomeinista, mentre con Teheran si schieravano Cina, Corea del nord, Siria e Libia. Gli USA in particolare speravano che la sconfitta della repubblica islamica portasse al potere un regime amico con il quale potesse ristabilire il controllo dell'area. L'Iraq reclamava l'annessione dello Shatt al-Arab, la zona del delta tra Tigri ed Eufrate, che costituiva un confine di circa 200 km tra i due stati. Questa zona era fondamentale per l'Iraq, perché era l'unico passaggio verso il mare. L'Iraq aveva solo 40 km di costa, tra l'altro scarsamente navigabili, contro i 2.000 km dell'Iran. Le rivendicazioni di Baghdad nei confronti dell'Iran riguardavano il controllo dello Shatt al-Arab e le isole Tomba collocate all'ingresso dello stretto di Ormuz. Se le cose fossero andate in porto l'Iraq si sarebbe garantito il monopolio commerciale e strategico di tutto il Golfo Persico relegando gli altri paesi al ruolo di comprimari.
Inoltre reclamava l'annessione del Kurdistan iraniano, non certo per una riunificazione etnica con il Kurdistan iracheno, quanto per entrare in possesso di un'area moderatamente ricca di giacimenti minerari ed estremamente importante da un punto di vista strategico. Ma Baghdad aveva posato gli occhi soprattutto sui giacimenti petroliferi iraniani della zona compresa tra Abadan e Khoramshar.
Mentre nel 1983 gli aiuti americani all'Iraq si fecero più diretti perché le sorti del conflitto sembravano favorire Teheran, nel 1986 a causa dei successi irakeni, l'amministrazione Reagan finanziò l'Iran per ristabilire le forze in campo. Formalmente questo fu giustificato con la liberazione di ostaggi americani catturati da guerriglieri libanesi. In realtà la questione era molto ambigua e provocò lo scandalo che coinvolse alti funzionari dell'amministrazione Reagan che avevano organizzato un traffico di armi illegale con l'Iran con lo scopo di ottenere la liberazione di 50 ostaggi americani catturati da libanesi vicini all'Iran. Inoltre una parte dei proventi di questa operazione furono dirottati segretamente per finanziare i contras in Nicaragua contro i Sandinisti aggirando i divieti posti dal Congresso.
Il conflitto terminò nell'agosto del 1988 con un armistizio imposto dall'Onu. Nonostante i forti finanziamenti statunitensi e la fornitura di armi non solo tradizionali ma anche chimiche, l'aggressione non ottenne gli effetti sperati, anche perché era evidentemente interesse americano che l'Iraq non stravincesse per non creare un problema maggiore di quello che avevano cercato di eliminare.
Dopo anni di guerra, all'Iraq rimanevano un debito di 80 miliardi di dollari e nessuno degli obiettivi prefissati raggiunto: il prezzo del petrolio si era notevolmente ridotto e alcuni paesi, Arabia Saudita e Kuwait in primis, avevano estratto più greggio di quello stabilito dalle quote e a prezzi più bassi di quelli di mercato, con effetti disastrosi per l'economia irakena.

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venerdì 27 novembre 2009

Rassicurati?


dopo i tonfi di ieri stanno arrivando una marea di rassicurazioni sulle esposizioni che le nostre società (banche) non avrebbero in dubai, o meglio in quel noto fondo. fin troppe per i miei gusti. i mercati comunque ne approfittano per rimbalzare un pò.
detto che sarà certamente vero però qualcuno in qualche parte del mondo le avrà 'ste esposizioni. è matematico.
mettiamo che vanno nelle canne una banca svizzera, due banche inglesi e tre americane, mettiamo che ci scappi un crack dove volete voi; è realistico immaginare che le nostre banche non ne avrebbero conseguenze?
tantopiù che in generale gli istituti finanziari mondiali in questa fase non godono di ottima salute... a volte può bastare un raffreddore se uno è debilitato dall'aids...
cioè, troppo ottimismo mi pare poco credibile...
purtroppo la globalizzazione c'è nel bene, quando noi veniamo trainati se gli americani spandono per il giorno del ringraziamento, come nel male.
poi intendiamoci, ieri non è arrivato altro che un "alert", un occhio che siamo in crisi anche qui e vorremmo prenderci una pausa. questo ovviamente non è un crack.
è stata una buona occasione di storno ma già oggi mi pare il clima sia discretamente sereno pensando ai tacchini americani...
insomma non drammatizziamo troppo però niente euforia natalizia che i mercati hanno corso tantino e sono nervosucci... (sentono il derby anche loro via...)

in questo contesto mi si chiede un parere da bar (non sono all'altezza di dare consigli operativi!) sul dax (nell'immagine) con l'idea di andarci al ribasso grazie ad un etf.
beh, ci può stare, lo stop è abbastanza vicino, diciamo lo sfondamento dei 5900punti.
vero di contro che la trend rialzista dai minimi è in piedi...
dunque i giochi sembrano aperti però gli indici americani non sono messi male e questo indurrebbe alla prudenza chi volesse andare short.
infine per come la vedo io graficamente i più brutti siamo noi (indice italiano) perciò se "corti sui deboli" ha un senso....

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giovedì 26 novembre 2009

Guai a dubai, panico in borsa

su dubai in questi anni ne ho sentito di belle, che poi sono soprattutto brutte....

fui molto colpito dalle immagini fornite da una tv francese, mostrò il trattamento disumano dedicato ai lavoratori stranieri soprattutto indiani e pakistani. privati dei documenti venivano rinchiusi in veri e propri lager, campi di lavoro, con tanto di filo spinato e guardie armate. ecco spiegata una parte del boom edilizio.

poi alla voce "illazione" da anni gira il "è un paradiso per riciclare denaro sporco"
come anche la correlata domanda "ma chi sono i proprietari del paese?"

sul disprezzo totale riservato all'ambiente e al territorio sorvoliamo perchè tanto per dirne una quella isoletta a forma di palma mi mette il vomito...

adesso viene fuori questa bomba di rischio insolvenza per la società controllata dal governo con un buchetto di 59miliardi di dollari... 'sti cazzi!!

vi dico proprio quello che penso?
ma sì dai, sono qui per questo ;-)
chi ha "investito" lì, in quel paese lì, in quel contesto lì se ora si trovasse con in mano un pò di sabbia del deserto al posto dei soldi... come potrebbe dispiacermi?

beh, in fondo il modo per incazzarmi verrà fuori perchè generalmente certi big sono specialisti per fa pagare le perdite alla gente e cuccarsi i profitti... però nell'attesa godiamoci il momento :-)

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mercoledì 25 novembre 2009

Sempre a proposito di pil

grazie al blog di marshall sono venuto a conoscenza di un discorso pronunciato da John Fitzgerald Kennedy, (a proposito, per paragone l'attuale presidente-nobel per la pace.... ha deciso di tenersi stretta la produzione di mine anti-uomo... obama sei come balotelli: fate parlare di voi in certi termini perchè avete la pelle nera, foste bianchi non godereste di questo buonismo!)


Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.

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martedì 24 novembre 2009

Due conti sul pil

per commentare certi dati macro quali ad esempio il pil bisogna fare un ampio discorso a 360gradi.
parto da tre considerazioni facili per non dire banali; la prima di ordine matematico, la seconda di ordine cronologico la terza di ordine logico.

allora andiamo per esempi,
se abbiamo due paesi, uno quest'anno registra un +1% di variazione pil a fronte di un -4% dell'anno precedente;
l'altro quest'anno fa +0,5 e l'anno prima veniva da un -3%. domando: chi sta meglio?
la risposta non è così scontata...

se prendiamo quale base 100 nel biennio avremo per il primo pase -4% dunque scende a 96 e +1% dunque guadagna 0,96 e risale a 96,960.
il secondo paese invece da 100 con -3% scende a 97 per poi risalire di 0,5% dunque di 0,485 con risultato di 97,485.
è un esempio banale ma rende l'idea. il pil va considerato nel medio lungo termine, prendere il dato crudo così anno per anno è un non senso matematico.

poi c'è un non senso cronologico, della serie:
se negli anni '60 le autorità italiane decisero di puntare sulla siderurgia mentre l'europa occidentale faceva scelte diverse a pagare ci tocca oggi.
non so se avete occasione di passare da genova cornigliano, sono 2-3 anni che si sta lavorando alla distruzione/riconversione dell'area italsider...

terzo, se oggi ci sono incentivi alla spesa quali quelli ben noti alla rottamazione auto ed elettrodomestici e l'anno precedente no beh, il freddo dato numerico di pil non ne terrà conto ma noi lo vorremo fare sto sforzo o no?

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sabato 21 novembre 2009

Il mercato italiano

questo è il nostro ftse mib, ho tracciato tre limit-line orizzontali tanto da individuare i canali di breve ma a mio avviso la linea veramente importante in questo grafico è la trend-rialzista che sale dai minimi di marzo09 e testa lo storno di luglio.
come vedete dopo averla persa ora l'abbiamo testata dal basso e siamo stati respinti; ritengo questo possa essere molto pericoloso.

siamo l'indice nazionale graficamente più brutto dell'occidente che ci interessa (usa, uk, ger, fra) e questo dovrebbe farci riflettere.
certo è vero, siamo molto legati al settore finanziario però è vero anche che lo stesso comparto da noi ha tenuto molto meglio che altrove. non abbiamo avuto crack e nel complesso siamo scesi meno degli altri, dicono il merito sia del fatto che il nostro sistema fosse "antiquato" che tradotto dal finanzioario/all'italiano significa più serio, pratico e meno speculativo; probabilmente è vero.

come sempre i movimenti partono oltreoceano, poi l'europa segue e noi a ruota. ok, è così nel bene e nel male, è la globalizzazione che impone questo percorso.
però ora i numeri dicono che graficamente parlando, e non solo visto come con l'euro basta che giriamo un pò per l'europa... siamo messi peggio degli altri (cosa non nuova). perchè?
vi dico la mia: secondo me da anni non facciamo riforme serie e non cogliamo occasioni. piuttosto tiriamo a campare.

questo non incide nell'immediato sull'economia reale, incide pian piano nel tempo.
guardiamo ad alcune riforme poste in essere durante questa crisi dal nostro governo (per carità, quando ne usciranno gli altri ne usciremo anche noi, non può che essere così, il problema è che siamo per nulla propositivi per il futuro. non lo siamo oggi come non lo eravamo 30-20anni fa).

si è puntato sugli incentivi alla rottamazione.
certo hanno indotto a spendere ma può durare in eterno? certamente no. e dove sono finiti i soldi? buona parte all'estero perchè stiamo continuando a delocalizzare. e allora a che servono gli incentivi? a far lavorare l'operaio polacco? e a noi che ce frega?! a fare business per gli azionisti? e a noi che ce frega?!

si è puntato sulle grandi opere.
certo hanno creato occupazione ma a che ci serviranno queste opere? ci servirà il ponte sullo stretto? o ci serve una tav che passa parallela all'autostrada o sotto la città? sì, ci serve a spendere di più di quanto avremmo fatto se si fosse transitato in altri spazi... abbiamo sistematicamente preso tra le opzioni più costose.

si è puntato sul nucleare.
che però sarà pronto nel 2020 (forse) ed è tutto comprato dall'estero, tecnologia e uranio. all'estero andremo per le scorie che saranno pure tantine visto che puntiamo su centrali di terza generazione mentre altri lavorano su quelle di quarta. cioè a dire quando avranno finito i lavori le nostre saranno già vecchie.

si è puntato sul "terrorismo sicurezza" in senso lato.
beh, lì ha funzionato sia per l'interno che per l'estero (purtroppo).

si è puntato sui condoni.
e si è fatto cassa (eticamente in modo ignobile ma del resto o così o nuove tasse o nuovi tagli).

si è imposto il digitale al posto dell'analogico.
per noi molto anal e poco logico.

è saltato il bancomat spremi tifoso.
'sti cazzo di ultras...

si è puntanto sulla cassaintegrazione. questo è un semplice modo per prendere tempo, doveroso e bene così per carità ma serve solo a prendere tempo.

buono il lavoro contro le mafie, lì qualcosa abbiamo recuperato e anche nella pubblica amministrazione qualcosa si sta muovendo.

a mio parere non si è colpevolmente puntato sui giovani, qui avevo fatto una proposta.
non si è puntato sulla ricerca. troppo poco sulla green economy.
non si è puntato sulle piccole imprese che fanno tutto in italia avvalendosi di manodopera italiana.
insomma è cresciuto il debito, è diminuito il risparmio delle famiglie, sta crescendo e crescerà la disoccupazione, abbiamo meno aziende sul mercato ma di sistema non abbiamo risolto nulla.
ci teniamo i nostri mali e anche nel prossimo futuro saremo lì ad elemosinare i pasti degli altri, ultima ruota del carro che si fa stancamente trascinare.

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giovedì 19 novembre 2009

Petroldollari 1.4

La questione del riciclaggio dei "petrodollari".

Con la fine del Gold standard e della convertibilità del dollaro con l'oro gli Usa avevano ottenuto enormi benefici soprattutto con il flusso di ritorno dei dollari che permetteva di finanziare il deficit della bilancia dei pagamenti statunitense. Questo perché maggiore era l'eccedenza di dollari degli altri paesi, maggiori erano le quantità di dollari che gli altri paesi erano obbligati ad investire nei titoli del Tesoro americano. I mercati finanziari erano stati esclusi dal sistema monetario internazionale, ma con la politica di deregolamentazione le banche private furono catapultate al centro della finanza internazionale, permettendo così il dominio degli operatori finanziari anglo-americani. Una delle caratteristiche degli accordi di Bretton Woods era infatti di proibire agli operatori finanziari privati di poter effettuare movimenti di fondi a livello internazionale conferendo alle banche centrali facoltà di controllare e impedire che ciò avvenisse. Venuti meno questi accordi, attraverso le banche private si potevano riciclare le eccedenze di dollari degli altri paesi e finanziare il debito americano.
Nel nuovo sistema monetario-finanziario l'egemonia del dollaro e del mercato finanziario statunitense combinavano le loro forze per aumentare la capacità di controllo e di influenza di Washington sull'economia internazionale. Da una parte la centralità del dollaro come moneta internazionale dominante qualificava la divisa statunitense come la più importante opzione di riserva di valore per gli investitori privati e i governi, dall'altra il potere di attrazione che esercitavano le dimensioni del mercato finanziario americano sui capitali internazionali rafforzava il dominio del dollaro.
Inizialmente il nuovo regime si presentò come una liberazione per i governi rispetto alla rigidità di Bretton Woods perché permetteva ai cambi di muoversi più rapidamente invece di dover subordinare la politica economica al mantenimento di un tasso fisso con le monete principali. Inoltre in caso di deficit permetteva di ricorrere al mercato finanziario privato come mezzo per ottenere fondi. In realtà la maggior parte dei paesi si accorse ben presto che la liberalizzazione finanziaria era un'illusione perché le variazioni nel cambio necessitavano di maggiori riserve di dollari per mantenere la propria divisa stabile.
La fine degli accordi di Bretton Woods coincise con l'aumento del prezzo del petrolio deciso dall'OPEC. In realtà non fu una coincidenza e l'incremento dei prezzi fu utilizzato dall'amministrazione Nixon per finanziare il deficit della bilancia dei pagamenti attraverso il riciclaggio dei dollari nei mercati finanziari nordamericani.
Venendo meno gli accordi di Bretton Woods, lo shock petrolifero ha potuto diventare lo strumento per colpire l'Europa e il Giappone in uno dei suoi punti più vulnerabili: la dipendenza dal petrolio importato. L'eccedenza di conto corrente dei paesi OPEC si traduceva in un deficit commerciale per il resto del mondo, quindi il problema del riciclaggio era in sostanza la necessità di ricondurre l'eccedenza dei paesi esportatori di petrolio verso i paesi debitori con l'obiettivo di ammortizzare gli squilibri della bilancia di pagamento globale.
Il riciclaggio di petrodollari avrebbe dovuto servire come finanziamento della bilancia dei pagamenti nel periodo immediatamente posteriore al collasso di Bretton Wooods. Prima era il FMI a dover provvedere al finanziamento per pareggiare le bilance di pagamento, successivamente questo ruolo era svolto dai mercati internazionali di capitali. Tuttavia i mercati di capitali attraversavano un periodo di grosse difficoltà ed erano incapaci di risolvere il problema del riciclaggio ponendosi come intermediari nel trasferire l'eccedenza di capitale dei paesi dell'Opec verso i paesi meno sviluppati che necessitavano di finanziamenti della bilancia dei pagamenti per pagare le importazioni di petrolio. Di fatto la maggior parte dei petrodollari che transitavano attraverso i mercati dei capitali non si diressero verso le economie con maggior deficit ma verso i paesi più sviluppati in particolare gli Stati Uniti. I paesi meno sviluppati continuarono a contrarre debiti con i prestiti ufficiali e il FMI.
Nel 1978 la svalutazione del dollaro iniziava a rendere più conveniente per i paesi Opec vincolare il prezzo del petrolio ad altre valute oltre al dollaro. Ma Blumenthal, il segretario del Tesoro statunitense, stipulò con gli arabi un patto segreto che manteneva la quotazione del petrolio in dollari. In cambio della fedeltà al dollaro e grazie alle crescenti somme concesse in credito dal FMI l'Arabia Saudita ottenne una maggior rappresentazione nel riparto di voti del FMI. Una volta eliminata la minaccia della rottura del vincolo tra petrolio e dollaro gli USA non garantirono solamente la continuazione del riciclaggio dei petrodollari ma sostennero il dollaro come moneta egemonica favorendo così il signoraggio e il finanziamento automatico della bilancia dei pagamenti.
Il ruolo del dollaro era rafforzato per due motivi. Primo, la natura del sistema internazionale basato su cambi flessibili (che sostituì il sistema di cambi fissi di Bretton Woods) che obbligava le nazioni ad accumulare dollari per sostenere il cambio della propria moneta ed essere nella posizione di affrontare attacchi speculativi contro la propria valuta, secondo, la quotazione del petrolio in dollari. Gli Stati Uniti stampavano la moneta che tutti i paesi utilizzavano per comprare petrolio dai paesi produttori, i quali a loro volta li riciclavano investendoli in buoni del Tesoro americani o in azioni. Considerando che la principale moneta di riserva è anche la più accettata tra gli investitori, il dollaro era la destinazione principale di questi investimenti soprattutto di quelli degli esportatori di grandi dimensioni come i produttori del Golfo Persico.
La relazione petrolio-dollaro è una relazione circolare che si autorafforza. Non solo le entrate derivanti dall'esportazione di petrolio vengono investite in dollari fino a che il dollaro è la principale riserva di valore, ma è proprio questo vincolo che permette al dollaro di continuare ad essere la principale riserva di valore. Il vincolo del dollaro con il petrolio ha permesso il finanziamento del debito estero statunitense, ma, allo stesso tempo, ha rappresentato la via di uscita per le esportazioni del resto del mondo. Il deficit del conto corrente americano è stato nello stesso tempo la causa del flusso di dollari che compensa la bilancia dei pagamenti, che ha permesso agli USA di importare più di quello che esportavano in cambio di carta e ha offerto un mercato per le esportazioni degli altri paesi, ma contemporaneamente ha portato all'indebitamento sempre più insostenibile degli USA e alla formazione della bolla finanziaria derivata dalla creazione eccessiva di credito. Si può dire che la crescita del mondo negli ultimi 30 anni si sia basata sull'indebitamento statunitense e quindi sull'emissione di carta. Inoltre le riserve internazionali di dollari sono aumentate vertiginosamente dal 1970 in poi. Le banche centrali straniere che hanno accumulato grosse quantità di dollari non hanno avuto miglior opzione che investirle negli Stati Uniti acquistando attivi finanziari (azioni, buoni del tesoro, ecc.). Grazie a questo processo di creazione del credito si è generata una bolla del credito. Come abbiamo visto, tra il 1971 e il 1973 il dollaro si è svalutato nei confronti del marco e dello yen, e questo incise sulla competitività delle esportazioni dei suoi rivali e sui loro profitti. Da una parte gli USA beneficiarono della caduta del dollaro anche se furono incapaci di restaurare i tassi di profitto del ciclo precedente. D'altra parte fu principalmente con l'indebitamento del governo statunitense che l'economia mondiale si mantenne a galla in questa nuova fase. Il ricorso a politiche keynesiane dimostrò di essere ambivalente nei suoi effetti. Il sostegno alla domanda, il deficit fiscale e il credito facile permisero la sussistenza dei produttori meno efficienti che in altri contesti sarebbero falliti. I rimedi keynesiani evitarono la depressione e aumentarono la domanda aggregata.

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mercoledì 18 novembre 2009

Un mercato che fa acqua

premesso che come dice la doc le parole sono importanti dunque non è corretto parlare di liberalizzazione dell'acqua bensì nel caso di privatizzazione dell'acqua, sono contrarissimo alla legge che verrà approvata oggi, grazie al fatto che il governo ha posto la fiducia (per cautelarsi soprattutto dalla lega nord).

l'acqua è il bene primario per eccellenza, senza acqua non c'è vita.
le risorse idriche sono in continuo calo e così sarà per il prossimo futuro.
futuro nel quale chi possiederà l'acqua farà soldi a palate, mai sentito parlare di oro blu?

e guardate che non stiamo parlando di opioni, parliamo di fatti, bub su pensiero ci aveva già avvisato di latina e della veolia, spa francese.
vero che con la rete pubblica ci sono tanti sprechi ma la scusa non regge. come le falle le tappa un privato, aumentando a dismisura il prezzo, può farlo lo stato che non ha necessità di fare utili per gli azionisti.

vi è mai capitato di sentir dire:
"potessero tassare e vendere l'aria lo farebbero"?
tranquilli, un giorno quel modo di dire decadrà perchè anche quel giorno arriverà.

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lunedì 16 novembre 2009

Petroldollari 1.3

La guerra dello Yom Kippur e la prima crisi petrolifera.

Il 1973 iniziò con una svalutazione del dollaro che fece scattare il meccanismo compensativo concordato l'anno precedente a Ginevra, facendo aumentare il prezzo per barile del 6,21 % (mentre la svalutazione del dollaro era stata pari al 10 %).
Subito dopo la seconda svalutazione del dollaro il regime di fluttuazione si generalizzò a tutte le monete. Il dollaro continuò ad indebolirsi relativamente alle monete più forti: il marco tedesco, il franco svizzero, lo yen giapponese. L'accordo del '72 non prevedeva nessuna protezione per i paesi produttori contro questo genere di danno. L'Opec vedeva quindi erosi ed annullati nella sostanza tutti i vantaggi acquisiti nel corso dei due anni precedenti. Essa reagì convocando una nuova conferenza con le compagnie petrolifere che si concluse a Ginevra nel giugno con l'accordo su di un ulteriore aumento del prezzo nella misura dell'11,9 % per barile. [Luciani, 1976, pag. 55]
Ma era chiaro che non era possibile continuare ad aumentare il prezzo una tantum e che il problema risiedeva nel processo inflazionistico e nel disordine del sistema monetario internazionale. Il problema era quindi politico e non risolvibile con semplici accordi tra paesi produttori e compagnie petrolifere. Così l'OAPEC (Organization of Arab Petroleum Exporting Countries) decise unilateralmente un aumento del 17 %.
Poco dopo, dal 6 al 24 ottobre 1973 fu combattuta la guerra dello Yom Kippur o guerra del Ramadan tra Israele e una coalizione formata da Egitto e Siria (alla quale presero parte anche altri paesi arabi: Giordania, Irak, Arabia Saudita, Kuwait, Marocco). La guerra iniziò con l'invasione da parte dell'esercito egiziano e siriano del Sinai e delle alture del Golan, territori conquistati da Israele sei anni prima durante la guerra dei sei giorni. Durante la guerra i paesi dell'OPEC decisero di sostenere gli sforzi di Siria ed Egitto utilizzando l'arma del petrolio. Considerando che i paesi occidentali appoggiavano Israele, ci fu una riduzione mensile del 5% della produzione (che era possibile continuare per 8-10 mesi) e una conseguente impennata del suo prezzo. L'OPEC alzò unilateralmente il prezzo del petrolio per barile da 3.45 $ a 5.5 $ (+ 70%) e all'inizio del 1974 passò a 12.7 $ (+ 230%). In generale dal 1970 al 1975 i prezzi delle varie qualità di greggio subirono un aumento superiore al 500% .[Fonte: Scotto di Carlo, 1977, pag. 78]
A questa misura fu affiancato un embargo nei confronti di quei paesi che avevano offerto aiuti militari e politici a Israele (Usa, Olanda, Portogallo, Sud Africa e Rhodesia). L'embargo vero e proprio entrò in vigore il 19 ottobre dopo che Nixon rese pubblico un piano di aiuti militari a favore di Israele. Venne attuata anche una distribuzione ponderata della produzione globale del greggio ai vari stati importatori per evitare che una sovrapproduzione causasse una caduta dei prezzi. In sostanza gli stati non potevano più importare la quantità di cui avevano bisogno ma una quantità decisa dai paesi arabi dell'OPEC. Questa misura fu imposta a tutti i paesi europei eccetto la Francia (grazie al suo allineamento filoarabo avuto durante il conflitto). L'embargo comunque era un gesto simbolico, il petrolio non era mai mancato seriamente in nessun paese. Ma produsse anche significativi cambiamenti di atteggiamento e di politiche. Convinse Wall Street e Washington che non sarebbe stato possibile tollerare mai più una cosa simile. L'embargo elevava l'Arabia Saudita al rango di protagonista della politica mondiale, costringendo Washington a riconoscere l'importanza di quel regno per l'economia americana. Inoltre, spinse i leader delle multinazionali statunitensi a cercare disperatamente metodi per incanalare verso l'America i petrodollari e a riflettere sul fatto che il governo saudita mancava di strutture amministrative e istituzionali adeguate a gestire la sua improvvisa ricchezza.
Quasi subito dopo la fine dell'embargo, Washington iniziò a negoziare con i sauditi, offrendogli sostegno tecnico, attrezzature belliche e addestramento militare, nonché l'occasione di portare la loro nazione nel ventesimo secolo, il tutto in cambio di petrodollari e, soprattutto, di garanzie che non ci sarebbe mai più stato un altro embargo petrolifero. Da questi negoziati nacque un'organizzazione senza precedenti, la United States-Saudi Arabian Joint Economic Commission ["Commissione economica congiunta degli Stati Uniti e dell'Arabia Saudita"]. Nota come JECOR, la commissione incarnava un concetto innovativo, diametralmente opposto ai programmi tradizionali di aiuti esteri: faceva affidamento sul denaro saudita per l'ingaggio di società americane che investissero in Arabia Saudita. (Perkins, 2004, pag. 126-127)
Bisognava assolutamente trovare il modo per garantire che buona parte dei petrodollari ritornasse negli Stati Uniti. E l'Arabia Saudita era la chiave di tutto ciò. La sua economia doveva essere resa sempre più interconnessa e dipendente, doveva essere attirata nell'orbita americana. E anche gli stessi economisti dell'OPEC incentivavano i paesi produttori a sviluppare industrie proprie invece di limitarsi all'esportazione di greggio. L'embargo petrolifero del 1973 iniziava ad offrire vantaggi inattesi alle società americane. Washington voleva che i sauditi si impegnassero a mantenere le forniture e i prezzi del petrolio a livelli che, pur fluttuando, fossero sempre accettabili per gli Stati Uniti e i loro alleati. Se altri paesi, come l'Iran, l'Iraq, l'Indonesia o il Venezuela, avessero minacciato altri embarghi, l'Arabia Saudita, con i suoi vasti giacimenti, sarebbe corsa ai ripari aumentando le forniture; già la consapevolezza di una simile possibilità avrebbe, alla lunga, dissuaso altri paesi dal prendere anche solo in considerazione un embargo. In cambio di quella garanzia, Washington avrebbe proposto al re saudita un patto straordinariamente allettante: l'impegno a fornire un totale e inequivocabile sostegno politico e - se necessario - militare, tale da assicurare la permanenza della Casa di Saud al governo del paese. Imponeva però un'altra condizione, cioè che l'Arabia Saudita impiegasse i suoi petrodollari per acquistare titoli di stato americani; in cambio, gli interessi guadagnati da quei titoli sarebbero stati spesi dal Ministero del Tesoro per consentire all'Arabia Saudita di emergere dalla sua società medievale e diventare una protagonista del mondo moderno e industrializzato. (Perkins, 2004, pag. 134-135)
Lo choc petrolifero dei primi anni 70', nonostante fosse nominalmente guidato dai paesi OPEC, in realtà celava altri interessi che miravano all'innalzamento del prezzo del greggio. Se nelle intenzioni pubblicamente manifestate dai paesi arabi (in particolare Arabia Saudita e Kuwait) gli Stati Uniti erano il principale obiettivo dell'offensiva (nonostante fosse il loro principale alleato politico), era evidente che ne risultavano colpiti soprattutto Europa e Giappone. Mentre l'embargo verso gli Stati Uniti poteva, infatti, significare per quel paese un possibile deficit energetico di appena l'1,4%, ben più grave poteva essere l'impatto per l'Europa, (40%) e per il Giappone (28%) (Clô, 1997, pag. 164). E' vero, quindi, che in un certo senso un alto prezzo del greggio colpiva anche l'apparato produttivo americano ma in misura decisamente minore agli effetti che poteva avere su Germania, Giappone e le altre principali economie. In primo luogo perché gli USA erano comunque produttori di petrolio, anche se in misura sempre minore, in secondo luogo, grazie al ruolo del dollaro come moneta internazionale, potevano pagare le importazioni con della semplice carta, e potevano determinare la massa monetaria circolante non solo facendo leva sui tassi di interesse ma anche sui tassi di cambio, indipendentemente dalla propria bilancia commerciale, perché gli altri paesi dovevano comprare dollari prima di comprare petrolio. Infine bisognava annoverare anche i vantaggi derivanti dagli investimenti dei petrodollari.Il controllo del processo di formazione del prezzo del petrolio ha la stessa importanza, se non superiore, a quella che aveva il controllo della produzione dell'oro durante il Gold Standard. Così come l'oro con il Gold Standard interessava soprattutto per le variazioni del suo valore, dagli anni '70 in poi il petrolio interessa, oltre che come materia prima indispensabile che entra in tutti i processi produttivi sia dei paesi più industrializzati che dei più poveri, sopratutto per le conseguenze che le variazioni del suo prezzo hanno sulla determinazione dei tassi di cambio, della massa monetaria, dei tassi di interesse e infine nel processo di ripartizione della rendita petrolifera.
Il petrolio ha una caratteristica in più dell'oro, è una materia prima universale e ogni variazione del suo prezzo va a incidere direttamente sui costi di produzione di qualsiasi processo produttivo in qualsiasi parte del mondo. Il petrolio viene indicizzato e venduto in dollari, moneta che quindi risente molto delle variazioni del suo prezzo. Però il privilegio di cui gode il dollaro sarebbe un'arma a doppio taglio se gli USA non fossero capaci di controllare il processo di formazione del prezzo del petrolio.È evidente quindi come per l'economia americana sia indispensabile il controllo del processo di formazione del prezzo del petrolio perché tramite questo è possibile realmente utilizzare l'arma dell'appropriazione parassitaria della rendita petrolifera.Lo choc petrolifero dei primi anni '70 spinse i paesi più sviluppati a cercare nuovi giacimenti e a ridurre i costi estrattivi di quelli che avevano un costo di estrazione elevato. La strategia americana perseguita per tutti gli anni '70 non aveva dato i risultati sperati, se da un lato aveva permesso di scaricare i costi su Giappone e paesi dell'Europa Occidentale, dall'altro l'aumento del prezzo del petrolio aveva determinato un peggioramento delle ragioni di scambio tra USA e paesi maggiormente industrializzati, perché questi ultimi avevano migliorato la propria produttività mentre un alto valore del dollaro aveva messo in crisi le esportazioni americane.La principale conseguenza della crisi fu l'inasprimento della concorrenza tra le principali potenze. Per effetto della crisi, l'aumento del prezzo internazionale del petrolio ha reso più conveniente l'estrazione del greggio americano: mentre i prezzi negli USA dal 1970 al 1975 sono quasi raddoppiati, sul mercato mondiale sono più che quintuplicati. Questo è il primo motivo per il quale la crisi energetica grava in fin dei conti meno sugli Stati Uniti che sull'Europa. Il secondo è che i 2/3 del petrolio consumato negli USA erano di produzione interna, per cui un aumento di prezzo ottiene naturalmente un effetto molto diverso sulla economia nazionale da quello che si avrebbe se si trattasse di petrolio importato, come è invece il caso delle maggiori potenze industriali del mondo capitalista, le quali sono costrette ad importare quasi per intero il prodotto di cui necessitano. [Scotto di Carlo, 1977, pag. 43].

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domenica 15 novembre 2009

Zapping informativo

primo:
complimenti a roberto stracca per questo articolo sul corriere. per altro non il primo intelligente dello stesso autore.
link a non ghettizzare un movimento

secondo:
repubblica invece la butta sempre in politica e scrive in home page:
"La protesta dei supporter di diverse squadre contro il provvedimento Maroni"
vero che ora è maroni all'interno ma probabilmente la cosa che più non accettano del bancomant dei tifosi, i ragazzi che hanno manifestato ieri, è l'articolo 9 della stessa legge che è stato partorito da giuliano amato. vi spiace tanto dirlo? poi, è un caso o come mai scrivete supporter e non ultrà? ah, ultrà si scrive quando c'è una cosa negativa, supporter se invece vi viene bene parlarne. capito.

terzo:
se è vero come è vero ci fossero 300 tifoserie rappresentate (tra cui romanisti e laziali che erano padroni di casa), come fanno certi tg a parlare di 1000-2000 presenze? vi serve un pallottoliere o un briciolo di dignità?

quarto:
il tg1 delle 20.00 di minzolini è davvero in grande forma e nell'ultimo periodo ha sfornato una perla dietro l'altra. ieri il servizio sulla manifestazione nemmeno il tg4 avrebbe potuto farlo meglio/peggio.
poi il problema della rai è la faziosità di santoro... ma ce ne fosse!

quinto:
al tg5 delle 20.00 (se ho tempo faccio zapping tra i due evitando le notizie che non interessano e cercando di confrontare come entrambi trattano lo stesso argomento) ho notato che a seconda di chi conduce il taglio è diverso, dalla signora bonamici alla parodi c'è un abisso. cesara resisti.

sesto: W I BLOG

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venerdì 13 novembre 2009

Bulgari

le ho appena chiuse (nell'asta finale).
posizione aperta lunedì e non pensavo sarei sceso così presto... meglio ;-)

gain discreto, +8% circa.
barra odierna non entustiasmante vista la veemenza del respingimento avvenuto pochi minuti dopo l'apertura poi giornata in laterale dunque temendo uno storno me ne esco così (candelone con coda troppo lunga e caratterizzata da troppi volumi).

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giovedì 12 novembre 2009

Nuove opportunità di lavoro

vista la crisi economica il governo si affretta a varare un piano di emergenza lavoro in modo da dare un'occupazione stabile e sicura a chiunque la desideri.

dopo il grande aiuto dato ad una stretta cerchia di imprenditori dall'imponente giro d'affari (condono fiscale e pacchetto norme pro-falsificatori di bilancio) ora arriva l'occasione per tutti di dare una svolta alla propria sudata esistenza.
si tratta semplicemente di delinquere, ma attenzione, delinquere ad alto livello perchè se vi credete di rubare una mela vi sbagliate di grosso.

se invece siete disposti a tutto, chessò rubare nelle tasche di milioni di persone, frodare, sfruttare, spacciare, strozzare, corrompere, pagare tangenti, risquotere il pizzo, inquinare e magari anche uccidere i vostri dipendenti fregandovene delle norme sulla sicurezza è pronta la legge per voi:
chiunque incensurato avrà un buon avvocato capace di non far finire il processo entro due anni dalla data del rinvio a giudizio o avrà fatto talmente tali e tanti casini da rendere assolutamente impossibile arrivare a sentenza sempre nei famosi due anni,
sarà al riparo da ogni problema con la giustizia dello stato italiano purchè la pena massima prevista per i reati contestati sia inferiore a 10 anni.

è veramente una trovata geniale, stupenda, non ci sono davvero parole per decantarne la genialità e soprattutto l'onestà degli intellettuali che l'hanno partorita.
di fronte a cotanto ardore quasi che pure l'idea dell'impunità per legge degli onorevoli (al momento è solo pratica ma non teorica) risulta una semplice ciliegina.

la mia di idea sarebbe quella di mettere su un'associazione di persone per bene, di chiamarla chessò mafia o camorra tanto per dire un nome originale ed intrallazzarci con il sistema in modo da fare ogni tipo di nefandezza che porti a lucrare denaro.
che ne dite?
già esiste?
ma no! non diciamo stupidaggini!
mafia e camorra non esistono se non nella finzione altrimenti come vi spiegate che tutte le diaboliche volte in cui un magistrato si permette in questa dittatura giudiziaria di iscrivere nel registro degli indagati per favoreggiamento un politico si sollevano scudi da ogni dove e tanta caritatevole solidarietà?
se tutti i politici sono santi, sempre estranei, sempre vittime del cattivo magistrato complottista vuol dire che mafia e camorra sono davvero cacchette insignificanti.

dunque ragazzi su le maniche, nuove opportunità di lavoro si spalancano davanti a voi.
dovete semplicemente imparare dalle nostre autorità politiche cosa voglia dire etica, morale, giustizia. capisco che non è facile ma i risultati sono garantiti...



nota bene: si fa per scherzare eh! che qui per come vanno le cose mi becco l'istigazione e mi fanno il culo... si scherza, si scherza almeno a parole e ringraziate le vostre sporche coscienze perchè sia così ancora a lungo...

ricordate:

Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì''dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare "rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
(....)
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.

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mercoledì 11 novembre 2009

11-11-2007 CHI DIMENTICA E' COMPLICE




due anni dall'omicidio di gabbo...

antonello venditti in un'intervista televisiva disse pressapoco:
"come se non bastasse quanto successo a gabriele sandri per tutto il giorno dovetti assistere a quell'attacco mediatico... sapevo che erano menzogne, depistaggi quando non istigazioni a farsi giustizia da sè... osservavo tutto impotente dal divano di casa".

in occasione di lazio-sampdoria del mese scorso è accaduto qualcosa che estrapolo dalla fanzine degli ultrastito:
"11-11-2007 chi dimentica è complice"
"gabriele vive"
questi sono gli striscioni che in settimana avevamo deciso di realizzare e di portare
con noi a roma. nulla di offensivo e nemmeno di minaccioso. siamo a conoscenza delle regole che impongono l'autorizzazione per quanto riguarda l'esposizione di striscioni all'interno degli impianti sportivi. nonostente ciò, abbiamo voluto credere che almeno una volta il buon senso avrebbe avuto la meglio. ci siamo sbagliati. una volta giunti all'entrata dello stadio le f.d.o. ci riferiscono che "gabriele vive" può entrare, mentre l'altro striscione no. la scritta "11-11-2007 chi dimentica è complice" non può entrare. chiediamo spiegazioni, alle quali ci sentiamo riferire il solito "ordini dall'alto". forse qualcuno dall'alto ha ritenuto il nostro striscionie di cattivo gusto (!!!), o forse dedito ad istigare violenza (ma dove?), o magari di matrice politica?... la versione ufficiale non la sapremo mai. la nostra versione è molto semplice: qualcuno ha il culo (oltre la coscienza) sporco e desidera che ciò che è successo l'11 novemnbre del 2007 nell'autogrill di badia al pino finisca al più presto nel dimenticatoio... non abbiamo parole. anzi si: vergognatevi!

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martedì 10 novembre 2009

Petroldollari 1.2

La fine degli accordi di Bretton Woods.

Alla fine degli anni '60 gli USA ebbero paura di diminuire notevolmente le riserve auree, bloccarono così la parità aurea, lasciando al mercato il compito di stabilire il prezzo dell'oro. Si può dire che il mercato dell'oro nasca ufficialmente il 17 marzo 1968. Infatti, da quel giorno, venne creato un doppio regime che manteneva il prezzo dell'oro a 35 $/oncia per le transazioni valutarie internazionali, lasciandolo però libero di fluttuare per quanto concerneva gli scambi tra privati.
Era stata stampata molta più moneta del suo valore in oro contenuto a Fort Knox. Basti pensare che gli Usa avevano 30 miliardi di dollari in riserve auree e che, solo per la guerra in Vietnam, dal 1967 al 1972 vennero spesi più di 500 miliardi di dollari. Inoltre gli USA avevano circa 110 basi militari sparse intorno al mondo ed ognuna di queste costava centinaia di milioni di dollari l'anno. Oltre a queste enormi spese militari, c'era il fatto che alcuni paesi, tra cui la Francia, avevano iniziato a richiedere la conversione delle proprie riserve di dollari in oro. Nel 1968 le riserve di oro raggiunsero un livello così basso da essere appena sufficienti a coprire la circolazione interna del dollaro. Di conseguenza all'inizio degli anni '70, precisamente il 15 agosto 1971, a Camp David, il presidente statunitense Richard Nixon annunciò di uscire dal gold standard. Lo scopo era di svalutare la massa di dollari in possesso degli altri paesi, anche se questa mossa, secondo alcune ipotesi, fu all'origine dell'enorme processo inflattivo degli anni seguenti.
In tal modo si chiudeva l'epoca inaugurata dagli accordi di Bretton Woods e se ne apriva un'altra foriera di grossa instabilità sul piano politico, economico, strategico e monetario.
Fino al 1970 il 63% del petrolio greggio era estratto nei paesi in via di sviluppo, mentre la sua produzione era sotto il controllo di multinazionali che pagavano solo un'imposizione ai paesi produttori per estrarlo.
L'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) iniziò, così, a prendere coscienza di poter utilizzare il petrolio come arma economica e politica controllando l'offerta mediante il controllo della capacità inutilizzata cioè la differenza tra la quantità massima estraibile e quella realmente estratta.
Inizialmente l'unico sistema per mantenere i benefici con il dollaro decrescente era aumentare la produzione, il petrolio era abbondante ed economico e per i paesi più industrializzati questo era perfetto.
In febbraio e in aprile del 1971 si tennero rispettivamente gli accordi di Teheran e Tripoli che vedevano i paesi produttori ottenere un aumento del prezzo del petrolio. Con l'accordo di Teheran l'aumento fu di 50 cents al barile e con l'accordo di Tripoli di 90 cents al barile. Nel 1971 la bilancia commerciale statunitense fu in deficit per la prima volta e il dollaro venne svalutato. L'instabilità del dollaro indicava che l'egemonia nordamericana era in declino, ma era anche uno dei mezzi per opporsi a questa crisi. Gli USA poterono giocare questa carta grazie alla relativamente minore importanza delle importazioni nella propria economia, perché un aumento del prezzo del petrolio avrebbe avuto ricadute più pesanti sull'economia dei paesi concorrenti, essendo questi ultimi totalmente dipendenti dalle importazioni di greggio, a differenza degli USA quasi autosufficienti. Così la svalutazione del dollaro causò maggior inflazione nel resto del mondo che negli Stati Uniti, che comunque non ne erano immuni.
In seguito alla prima svalutazione del dollaro del dicembre del 1971 i paesi produttori avanzarono nuove richieste di aumenti. Il 20 gennaio del 1972 venne raggiunto a Ginevra un accordo che prevedeva un aumento del 8,49 % del prezzo e soprattutto l'istituzione di una clausola automatica che legasse il prezzo del petrolio al dollaro. In questo modo, nell'eventualità di una ulteriore svalutazione del dollaro il prezzo del petrolio sarebbe aumentato automaticamente.
Questo accordo rivelava le preoccupazioni dei paesi dell'OPEC che vedevano peggiorare la propria posizione a causa della crisi del sistema monetario internazionale. Quindi le trattative con le compagnie petrolifere assumevano sempre più caratteristiche politiche e monetarie. Con l'accordo di Ginevra, si facevano pagare i costi della crisi al consumatore finale e non al produttore e gli USA ne uscivano avvantaggiati, oltre ai paesi esportatori. Infatti si incrementavano i costi di produzione per i principali concorrenti, i paesi dell'Europa Occidentale e il Giappone, perché almeno nel breve periodo gli Stati Uniti potevano spingere al massimo l'estrazione del petrolio nei propri giacimenti anche se iniziavano a scarseggiare e soprattutto, essendo il dollaro la moneta internazionale per le transazioni, potevano pagare le importazioni semplicemente stampando moneta. Infine gli Usa riuscivano ad ottenere vantaggi anche dal fatto di riuscire ad attrarre verso di sè il surplus dei capitali dei paesi esportatori offrendo tassi di interesse più elevati. Anche gli stessi paesi produttori ne uscirono avvantaggiati guadagnando partecipazioni nella proprietà del petrolio estratto. A causa della crisi che non permetteva più un'ulteriore espansione del capitale produttivo e quindi una crescita economica che assicurasse entrate fiscali adeguate alle esigenze del sistema, l'unico strumento di risposta flessibile stava nella politica monetaria, nella capacità di stampare moneta a qualsiasi velocità sembrasse necessaria per garantire la stabilità dell'economia. Ebbe così inizio l'ondata inflazionistica che avrebbe poi fatto svanire il boom postbellico.
Il boom postbellico fu mantenuto nel periodo 1969-73 grazie a una politica monetaria straordinariamente disinvolta da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna. Il mondo capitalistico traboccava di capitali in eccedenza ma aveva pochi sbocchi produttivi per gli investimenti: ne conseguiva una forte inflazione. [Harvey, 1990, pag. 183]
In sostanza gli Stati Uniti approfittarono della crisi energetica dovuta all'aumento del prezzo del petrolio voluto dall'OPEC, rompendo gli accordi di Bretton Woods e potendo così finanziare il deficit della bilancia dei pagamenti con il riciclaggio di dollari nei mercati finanziari nordamericani, come si vedrà più avanti. Con il nuovo regime di cambi flessibili voluto da Nixon, gli Stati Uniti eliminarono ogni vincolo con l'oro. Anche se ciò sembrava una liberazione dei governi rispetto alla rigidità del sistema di Bretton Woods, in realtà le variazioni nel rapporto tra le valute richiedevano una maggior quantità di riserve di dollari, da parte degli altri paesi, per mantenere la propria moneta stabile. Da una parte grazie al suo ruolo centrale, il dollaro era la moneta più utilizzata come riserva per gli stati e gli investitori privati, dall'altra le dimensioni del mercato finanziario americano attraevano capitali internazionali e rafforzavano il dominio del dollaro stesso.
Infatti i buoni del tesoro americano erano un investimento sicuro e allo stesso tempo permettevano di finanziare il debito estero americano. Inoltre gli Stati Uniti potevano importare più di quello che esportavano in cambio di carta (dollari o buoni del tesoro) ma fornivano anche un mercato per le esportazioni del resto del mondo. Grazie al flusso di ritorno di questi dollari l'eccedenza finanziaria del resto del mondo diventava una risorsa per finanziare il deficit statunitense. L'aspetto negativo di questo meccanismo è l'indebitamento crescente degli USA e la creazione di una bolla finanziaria, derivata dalla creazione eccessiva di credito.

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lunedì 9 novembre 2009

Bulgari

premesso che (e mi tiro la gufata da solo):
negli ultimi mesi le poche operazioni fatte sono andate tutte bene dunque siccome non sono 'sto scienziato è matematico che prima o dopo (più facile prima) la stecchi. ergo non fate pensieri strani e non seguitemi.

detto ciò, mi sembra che diversi titoli e indici stiano provando una reazione dopo il recente storno. siamo ad un mesetto dal natale mangiatoia festa del consumismo e ho cercato qualcosa che spesso è sensibile a questi eventi.

bulgari inoltre graficamente non mi dispiace e vista la trend rialzista, le medie mobili e il supporto statico di zona 5,60euro ho provato un lottino anche perchè tutto sommato mal che vada posso uscirmene con un -4% commissioni comprese.



ps: a proposito di natale, il mio pensiero per giovanardi

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Aneddoto per vincere scommesse

Giovanni Invernizzi, ex calciatore, ha recentemente svelato un aneddoto che riporto:

"fui espulso contro il cagliari, la squadra (Samp) era zeppa di infortunati, il presidente Paolo Mantovani mi fece il mazzo ed era convinto che avrei preso 2 giornate di squalifica. nello spogliatoio chiese chi era pronto a scommettere 100 mila lire contro 1 milione a testa. 3 miei compagni scommetterono che me la sarei cavata con una sola giornata. alla fine mi andò bene, fui fermato per un'unica domenica. il presidente allora andò dai miei compagni a chiedere quanto avrebbe dovuto pagare e poi venne da me informandomi della multa a mio carico: 3 milioni".

questo è l'unico medoto esistente per vincere facile e sicuro.
ed è anche una simpatica gestione aziendale.

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venerdì 6 novembre 2009

Petroldollari, 1,1

Il sistema di Bretton Woods.
Dal 1 al 22 luglio del 1944 si tenne la conferenza di Bretton Woods per stabilire le regole del nuovo sistema monetario internazionale. La fine della guerra era ormai alle porte e bisognava pensare a come regolare le relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi del mondo.
Era evidente che il sistema monetario precedente, il Gold Standard, basato sulla convertibilità di tutte le monete in oro secondo una parità fissa, non rispondeva più alle esigenze delle principali potenze. A Bretton Woods vennero presentati due progetti: uno inglese, elaborato da Keynes, che prevedeva la costituzione di una banca centrale mondiale con il compito di regolare i rapporti tra debitori e creditori tramite l'emissione di una propria moneta e uno americano, elaborato da Harry Dexter White, che prevedeva solamente una stabilizzazione dei tassi di cambio.
Il risultato fu un compromesso tra i due progetti e vennero creati il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Il FMI aveva il compito di promuovere la cooperazione monetaria internazionale, facilitare l'espansione del commercio internazionale e promuovere la stabilità dei rapporti di cambio. La Banca Mondiale, quello di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo nei paesi coinvolti nella seconda guerra mondiale facilitando l'investimento di capitale a scopi produttivi, promuovendo l'investimento privato estero, fornendo garanzie o partecipando a prestiti, integrando l'investimento privato ed erogando, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, risorse finanziarie da destinare a scopi produttivi. Venne istituito anche un sistema di cambi fissi che permetteva una variazione massima dell'1% annuo rispetto al proprio valore della valuta in dollari, unica moneta che poteva essere convertita in oro con un cambio fisso di 35 dollari per un'oncia d'oro. Questo favorì l'aumento di oro nelle casse americane dovuto anche al fatto che molti paesi furono obbligati a vendere le proprie riserve di oro per poter comprare i dollari necessari per l'acquisto di materie prime. Inoltre gli altri stati erano obbligati a mantenere la parità della propria moneta con il dollaro, quindi, se gli USA immettevano sul mercato una quantità di dollari superiore alle necessità, gli altri paesi erano obbligati a comprare le eccedenze per mantenere stabile il cambio.
Con gli accordi di Bretton Woods il dollaro iniziò a svolgere la funzione che prima era svolta dall'oro e il fatto che fosse convertibile in oro ha creato una fiducia illimitata: chiunque comprasse dollari aveva la certezza di poterli convertire in oro in qualsiasi momento.
Durante tutta la fase del boom economico si instaurò una sorta di convergenza tra gli interessi statunitensi e quelli di Giappone e paesi dell'Europa Occidentale, anche se la posizione della Gran Bretagna doveva essere decisamente messa in secondo piano rispetto alla strategia statunitense. A tale scopo, i debiti di guerra contratti da Londra con gli Stati Uniti non vennero cancellati, a differenza di Germania, Francia e Italia, in quanto passo significativo per minare la posizione imperiale britannica. Infatti già nel secondo dopo guerra le imprese petrolifere americane iniziarono ad inserirsi in Medioriente. La Gran Bretagna venne espulsa dall'Arabia Saudita, con la scusa di aver firmato accordi di tipo collusivo monopolistico nel 1928 dopo che gli USA avevano ottenuto le concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti di recente accertati. E' importante osservare che l'espansione delle società petrolifere americane all'estero, ad ogni passo appoggiate dal governo statunitense, non derivava dalla necessità di importare petrolio negli USA. Il paese rimase infatti esportatore netto anche dopo la seconda guerra mondiale. Il ruolo centrale del petrolio non è nato quindi solo dall'esigenza di garantirsi il rifornimento del greggio ma anche da interessi monetari. [Halevi, 2003]
Nel 1953 dopo un colpo di stato organizzato dalla CIA, le imprese petrolifere americane ottennero il 40% delle concessioni sul petrolio iraniano che prima erano totalmente britanniche. Anche in questo caso non vi erano esigenze di importazione, ma, sul piano geoeconomico, controllare il Medioriente significava controllare l'Europa, in quanto notoriamente priva di risorse petrolifere, a differenza degli Stati Uniti che al tempo erano quasi autosufficienti . [Halevi, 2003]
Gli USA offrivano crediti e materie prime al Giappone e all'Europa e i prezzi erano fissati in dollari. Così come spesso è accaduto nella storia delle relazioni economiche internazionali, l'apertura di linee di credito era condizionata all'acquisto di merci del paese che forniva il prestito. In tal modo, si unificavano gli interessi del capitale industriale e finanziario. Tuttavia già dalla metà degli anni '60 iniziarono a manifestarsi i primi segnali di aumento della disoccupazione e dell'inflazione, caduta del saggio del profitto, perdita di competitività, caduta della produttività e della redditività delle imprese americane. La concorrenza dell'Europa Occidentale e del Giappone aumentò, dovuta anche al fatto che non avevano impegni militari e che potevano quindi concentrarsi nella produzione industriale. L'egemonia americana iniziò ad essere messa in discussione. Giapponesi ed europei quindi si concentrarono sullo sviluppo tecnologico che permettesse un aumento della produttività del lavoro e un recupero di competitività e margini di profitto.

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giovedì 5 novembre 2009

Petroldollari, introduzione

il mio amico Mattia mi ha inviato la sua tesi di laurea (redatta nel 2007) che ho letto con grande interesse.
la materia trattata ben si sposa con questo blog tantopiù che è stata sviscerata in aspetti poco chiari su cui l'informazione ufficiale ha, a mio modesto avviso, colpevolmente sorvolato.
dunque ho pensato di pubblicarla un pò alla volta.
approfittando poi della funzione "etichette" l'impaginazione finale sarà unitaria anche se la dovessi spezzare da miei post.
buona lettura.

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Il mercato del petrolio è un argomento di estrema attualità di cui si possono analizzare molteplici aspetti. E' inevitabile quindi che una tesi di laurea affronti solo alcune questioni. Non si parlerà di sostenibilità e di impatto ambientale. Non si analizzerà per quanto tempo l'ambiente sarà in grado di sopravvivere mantenendo questi livelli di consumo di idrocarburi. Non si parlerà della necessità di fonti rinnovabili e del risparmio energetico. Non ci si soffermerà neanche sulla questione del picco del petrolio (o "Picco di Hubbert") cioè il punto di produzione massima oltre il quale le riserve inizieranno a diminuire, superato il quale il prezzo dovrebbe salire vertiginosamente. L'oggetto di questa tesi sarà il rapporto tra dollaro e petrolio nel sistema economico attuale nato dopo la fine degli accordi di Bretton Woods. Si vuole cercare di capire a cosa serve controllare il prezzo del petrolio e perché è necessario per l'economia americana continuare a mantenere il dollaro come moneta per le transazioni internazionali. Si vuole spiegare perché è di fondamentale importanza per l'economia americana il controllo dei pozzi petroliferi e delle zone in cui passano gli oleodotti. Negli ultimi anni ci sono stati diversi cambiamenti come la nascita della moneta unica europea che potrebbe in futuro sostituire il dollaro nel suo ruolo di moneta internazionale per le transazioni, soprattutto petrolifere, e creare grossi problemi all'economia statunitense in pesante deficit da diversi anni. Per questo si cercherà di analizzare le guerre in Irak e in Afghanistan e le tensioni ancora oggi presenti in altri paesi come l'Iran in quest'ottica.
Il primo capitolo analizza il sistema di Bretton Woods e la sua entrata in crisi, dovuta principalmente al fatto che non era più possibile garantire la convertibilità in oro dei dollari in circolazione. Era stata stampata molta più moneta rispetto all'oro presente nelle casse statunitensi che già a fine degli anni '60 copriva appena la circolazione interna del dollaro. Si passa quindi in rassegna la prima crisi petrolifera del 1973 con la conseguente ascesa del ruolo dell'Arabia Saudita.
E' in questi anni che il ruolo del prezzo del petrolio assume la stessa importanza che aveva l'oro durante il Gold Standard. Il greggio, infatti, viene indicizzato e venduto in dollari. Il che significa che qualsiasi acquirente dell'oro nero doveva prima comprare dollari e successivamente comprare petrolio. Gli Stati Uniti trovandosi in questa posizione privilegiata potevano permettersi, in quanto detentori della valuta internazionale per le transazioni, di stampare moneta senza avere le conseguenze inflative che avrebbe avuto qualsiasi altro paese. Questo era possibile a patto di controllare il processo di formazione del prezzo del petrolio e finanziando il deficit della bilancia dei pagamenti con i petrodollari: cioè i dollari provenienti dagli esportatori di greggio.
L'Arabia Saudita era la chiave di tutto ciò: doveva investire in titoli di stato americani e impegnarsi a mantenere il prezzo del petrolio a livelli accettabili, aumentando la produzione in caso di embarghi. In cambio riceveva dagli USA sostegno politico e, se necessario, militare.
Nel nuovo sistema monetario l'egemonia del dollaro e del mercato finanziario statunitense combinavano le loro forze per aumentare la capacità di controllo e di influenza di Washington sull'economia internazionale. Da una parte la centralità del dollaro come moneta internazionale dominante qualificava la divisa statunitense come la più importante opzione di riserva di valore per gli investitori privati e i governi, dall'altra il potere di attrazione che esercitavano le dimensioni del mercato finanziario americano sui capitali internazionali rafforzava il dominio del dollaro.
Si arriva quindi alla seconda crisi petrolifera. L'Iran successivamente alla cacciata dello Scià e al ritorno in patria dell'ayatollah Khomeini attuò una politica di rialzo del prezzo del petrolio e si ritirò dal mercato. Nonostante i tentativi dell'Arabia Saudita il prezzo del petrolio aumentò di oltre il 100%.
All'inizio degli anni '80 a causa della crisi del profitto industriale, si iniziò a sostenere il settore finanziario. Emerse così un fenomeno nuovo: la finanziarizzazione. Gli investimenti produttivi non erano più sufficienti e bisognava appropriarsi di profitto prodotto da altre parti. Come? Con la speculazione: investendo sulle variazioni al rialzo o al ribasso dei tassi di interesse, dei corsi dei titoli, dei corsi dei cambi o dei prezzi di alcune materie prime soprattutto petrolio. Nacquero così nuovi strumenti finanziari: swap, futures, opzioni, Cfd. Il secondo capitolo affronta invece le guerre per il petrolio degli ultimi anni, conflitti molto diversi da quelli che hanno caratterizzato il periodo della guerra fredda e il confronto tra USA e URSS. Nell'agosto del 1990 iniziò la prima guerra in Irak. Baghdad veniva da una situazione disastrosa: la guerra con l'Iran e il basso prezzo del petrolio avevano messo il paese sul lastrico. Così la decisione di invadere il Kuwait. Già da subito fu chiaro che gli USA volevano intervenire anche se i bombardamenti americani inizieranno qualche mese dopo. In realtà il motivo principale dell'intervento statunitense era garantire la stabilità dell'area e avere un determinato prezzo del petrolio che, come si vedrà nelle pagine seguenti, massimizzi la rendita petrolifera. Con la loro presenza militare sono riusciti ad ottenerlo. Con l'implosione del blocco sovietico gli Usa si sono trovati ed essere l'unica superpotenza. Grazie al ruolo di moneta egemonica, il dollaro era notevolmente avvantaggiato: aveva una maggior protezione dalle fluttuazioni della moneta, poteva emettere banconote a scambiarle con beni e servizi (signoraggio) e poteva finanziare il proprio deficit della bilancia dei pagamenti con i petrodollari.
Negli anni '90 iniziò il processo che porterà alla nascita dell'euro, non solo per limitare il potere del dollaro ma per porsi come moneta alternativa e magari cercare di sostituirlo. Infatti il paese che emette la valuta in cui viene indicizzato il petrolio ha diversi vantaggi.Nel 2001 scoppiò la guerra in Afghanistan. Questo paese pur essendo irrilevante come produttore di petrolio e gas naturale è centrale nella lotta per il controllo del mercato petrolifero. I Talebani da alleati erano diventati nemici perché non erano riusciti ad avere il controllo. Poi con l'11 settembre arrivò anche l'occasione per poter attuare militarmente una strategia che era già stata pianificata ma che non aveva ancora trovato la scintilla che permettesse di passare dal piano politico a quello militare.
Alla fine degli anni '90 gli Usa erano il paese più indebitato al mondo e, più di prima, era necessario mantenere il dollaro come moneta internazionale per le transazioni. Saddam alla fine del 2000 decise di denominare le proprie importazioni in euro. Inizialmente questa scelta venne sottovalutata, ma dopo l'11 settembre l'Irak ritornò nel mirino degli USA e venne accusato di produrre armi di distruzione di massa violando le risoluzioni dell'Onu. Si arrivo quindi al conflitto nel marzo del 2003. La paura era che la scelta di Saddam potesse essere seguita da altri paesi in primis l'Iran. L'altro obiettivo era eliminare Saddam ed avere un governo più fedele che permettesse un maggior sfruttamento delle risorse così da ridurre la dipendenza dai sauditi che si stavano dimostrando sempre meno affidabili. Lo scontro per il controllo delle zone importanti dal punto di vista petrolifero è ancora aperto.
Il Venezuela è uno dei paesi aderenti all'Opec è al settimo posto tra i paesi produttori ed è tra i più ricchi del mondo per quanto riguarda le riserve accertate.Ma solo dopo la nazionalizzazione della Compagnia Petrolifera Statale Venezuelana (PDVSA) e l'arrivo al governo di Chávez, iniziò quella ristrutturazione che toglierà di mezzo le famiglie oligarchiche venezuelane dalla gestione del petrolio.
Ma fu nel 2006 che Chávez fece la dichiarazione più importante: si augurò che prima o poi l'Opec riesca a liberarsi dalla dittatura del dollaro, prendendo come riferimento per il prezzo del petrolio, l'euro invece che il dollaro.
Un'altra zona importante è il bacino del Caspio, sia per le importanti riserve di petrolio presenti che per il controllo delle pipeline che trasporteranno il petrolio nei mercati occidentali. Anche se non sono paragonabili alle riserve del Golfo Persico stanno assumendo enorme importanza a fronte del previsto esaurimento dei pozzi dell'Alaska e del Mare del Nord.La Russia ha sempre avuto una posizione di primo piano ma potrebbe incrinarsi da quando è stato inaugurato l'oleodotto BTC (Ceyhan-Tiblisi-Baku) in cui gli Stati Uniti hanno forti interessi.
Il grosso problema per lo sfruttamento delle risorse energetiche dell'Asia Centrale è lo status giuridico del Mar Caspio. Dopo il dissolvimento dell'Unione Sovietica, i nuovi stati non si sono più sentiti vincolati dai trattati precedenti.
Gli Stati Uniti e l'Unione Europea sarebbero fortemente interessati a costruire una pipeline sottomarina transcaspica anche se l'ultima parola continua ad averla la Russia che proprio lo scorso maggio ha raggiunto un accordo con Turkmenistan e Kazakistan per la realizzazione di una pipeline lungo la costa orientale del Caspio.
Ma il paese che sta creando più problemi al dominio del dollaro è l'Iran, che già dal 2003 ha iniziato ad accettare euro per il pagamento delle esportazioni di petrolio. L'anno scorso sembrava imminente la creazione di una borsa petrolifera iraniana in cui in petrolio venisse indicizzato in euro, proposta che poi è rimasta solo sulla carta ma che crea molti più problemi agli Usa che non il programma di arricchimento nucleare. Anche le riserve iraniane e di altri paesi produttori di petrolio si stanno spostando molto lentamente verso l'euro. Non sono ancora segnali di un capovolgimento ma sono comunque da tenere in considerazione.

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mercoledì 4 novembre 2009

Togliere il crocefisso per imporre una cultura unitaria

l'unione europea come è noto è un artificio finanziario, una unione forzata di popoli completamente diversi tanto che possiamo parlare addirittura di diverse etnie.
a differenza di quanto caratterizza gli stati uniti d'america però noi abbiamo un passato fatto di storia, cultura, tradizioni e anche guerre.

siccome non può esistere una europa unita con le sue sane e caratteristiche diversità si vuole creare un popolo e un pensiero uniforme facendo tabula rasa del passato.

l'idea non è poi così originale, già hitler e stalin vietavano crocefissi, bruciavano libri, abbattevano Chiese e impedivano ogni espressione di pensiero libero del resto volevano costruire una entità astratta, un ammasso di popoli tenuti insieme con la sola forza bruta.

oggi come allora si vuole cancellare la nostra cultura, le nostre tradizioni in nome di una tollerenza intollerante per un fine molto più bieco: in senso lato si chiama business.

togliere le nostre diversità a colpi di bacchetta magica per distruggere le fondamenta del nostro essere uniformarci e renderci tutti zombie uguali o animali da ammaestrare se preferite.
zucche vuote, consumatori devoti solo al denaro senza quell'impiccio rappresentato dalla cultura, dalla tradizione, dalla diversità, dal cervello.

nel giro di pochi anni siamo così stati privati del gusto.
ortaggi e derivati, carni e derivati fatta eccezione per poche produzioni si fabbricano allo stesso modo in tutta europa.
piante fatte crescere nel cotone o nel polistirolo tenute in vita da gocce chimiche che cadono costanti diventano ad esempio pomodori. vacche che si alimentano solo a mangime e producono 60 litri di liquido bianco al giorno. polli cresciuti a migliaia in enormi capannoni dove l'antibiotico diventa pane quotidiano. vini che costano meno del succo d'arancia.
così non riconosciamo più i sapori.

siamo stati privati dell'identità nazionale.
squadre di calcio, volley e basket formate da giocatori stranieri gareggiano nei campionati vari e hanno la presunzione di rappresentare le nazioni.
atleti naturalizzati e oriundi vincono e perdono per noi trofei magari con la mano sul cuore mentre salgono al cielo le note del nostro inno.

popoli e prodotti stranieri si mescolano a noi senza la benchè minima regola. in un disordinato e caotico ordine. una specie di anarchia che converge però su un unico binario.

e allora il nemico non può che essere la diversità di richiamarsi ad una cultura Cristiana fatta di strani valori: solidarietà, carità, giustizia sociale, sobrietà nei consumi.
la libertà di richiamarsi laicamente o meno alla parola mite del Vangelo non può essere accettata così come la libertà di esprimere attraverso il colore degli striscioni allo stadio la propria appartenenza ad un gruppo o ad un altro.

non è questione di essere Cristiani o meno, è la nostra storia, la nostra cultura, la nostra tradizione che non viene accettata.
in tibet politiche analoghe vengono portate avanti dai cinesi verso un altro popolo e la sua dottrina: lo stile di vita buddista.
anche molti stati musulmani perseguono la stessa identica ma opposta via. per tenere tutti uniti impongono una cultura religiosa con l'obiettivo che è sempre quello di uniformare e cancellare le coscenze, le identità.

NO A QUESTA UNIO€ €UROP€A

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martedì 3 novembre 2009

A quando il divieto di parlare italiano?


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lunedì 2 novembre 2009

Business emergenza carceri

all'ultimo scoop emergenza carceri ci cuccammo l'indulto in modo da salvare soprattutto i reati dei colletti bianchi, gente che in galera nemmeno ci sarebbe andata perchè possono permettersi di pagarsi i migliori avvocati.
adesso la situazione è ovviamente anche peggiorata.

si scopre che "il detenuto non si massacra davanti a tutti" frase attribuita ad un omuncolo in divisa del carcere di teramo. bisogna massacrarli di nascosto altrimenti si rischiano rivolte
.
si scopre che da inizio anno sono circa già 150 i decessi in carcere di cui circa 60 suicidi, gli altri: qualcuno per malattia e tanti altri per "cadute maldestre" come ad esempio stefano cucchi.
tutte versioni molto credibili e rassicuranti... gente che cade e si rompe vertebre, costole, mandibole ecc. ecc. e muore. circa 1500 in 10anni, uno ogni tanto esce sui media. anche perchè il grosso sono extracomunitari le cui vite/morti non importano a nessuno.

ricordatevi bene una cosa:
può succedere a chiunque di noi.

perchè se bastano 20 grammi di hashish alle volte è sufficente anche meno, parte significativa dei galeotti è in attesa di giudizio.

comunque le parole d'ordine oggi sono:
- costruiamo nuove carceri;
- giù le mani dalle forze dell'ordine.

sul primo punto quel che è certo è che ci sono molte carceri già pronte da anni come ha ben documentato striscia la notizia. altrettanto certo è che diverse spa non rabbrividiscono all'idea di costruirne di nuove a prescindere dal fatto che vengano poi aperte o vengano lasciate all'abbandono.
sul secondo punto non ho la serenità necessaria per potermi esprimere liberamente.

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domenica 1 novembre 2009

CHI DICE O SCRIVE CHE CASSANO E' STATO FISCHIATO DALLA CURVA DEI TIFOSI DORIANI E' UN INFAME BUGIARDO

mai nessuno che porta i nostri colori è stato fischiato dalla gradinata sud, cassano non fa eccezione.
neppure oggi ovviamente dopo una partita da 4-- in pagella.

se è stato fischiato lo è stato da tre scemi frequentatori dei distinti e della tribuna, tre scemi che dalla sud non abbiamo sentito, tre scemi che per quanto idioti e maleducati hanno anche diritto di criticare un milionario inguardabile. poi che questi, mi e ci facciano schifo e non ci rappresentino affatto è un altro discorso. personalmente non li considero neanche doriani, sono simpatizzanti del cazzo e non tifosi che oggi vengono allo stadio perchè le cose vanno bene e domani quando andranno meno bene se la guardarenno dalla pay-tv.

cassano ha pisciato fuori del vaso, non poteva non considerare che gli sciacalli non aspettassero altro per dire e scrivere puttanate e falsità. ha dimostrato tutti i suoi limiti psicologici.
se invece il suo mentore è roberto mancini che se ne vada e non accampi scuse del cazzo.

e pensare che è stato anche acclamato, osannato dalla sud (non da me per cui sono tutti mercenari del cazzo), all'ennesimo errore alla metà del secondo tempo. tutti gli vogliono un gran bene, tutti lo adorano o almeno il 99,9% dei doriani, se poi ripeto tre signorotti stronzi e perbenisti lo fischiano affari loro.

a fine partita è stato applaudito dalla sud come tutti gli altri che ci sono venuti a salutare, come anche mercoledì sera a torino dopo il 5-1. è stato idiota da parte sua fare 'sto casino.

i terroristi non so con quale faccia (di merda) stiano agendo in queste ore, vomitano menzogne su menzogne ma non sono affatto sorpreso, il loro lavoro consiste proprio nel sovvertire la verità.

sono incazzattissimo manco avessimo perso la cessons lig avrei i coglioni talmente sottosopra, mi avete rotto il cazzo tutti quanti, andate a cagare, tutti!!!!
rivoglio la serie b, si stava troppo meglio senza tanti fighetti in campo e fuori!!!!
sulla mentalità ultras non transigo, essere sputtanato gratuitamente mai, tutto il resto non conta un belino.



ps: complimenti ai tifosi baresi oggi stupendi, sono contrario di principio ai gemellaggi, in genere non mi piaccino per nulla le tifoserie del sud, in b 5000 alle volte non eravate nemmeno quando giocavate in casa... ma oggi 10 e lode.

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