domenica 16 febbraio 2014

Come leggere le etichetta dell'olio (seconda parte)



Girate la bottiglia e leggete sul retro,
se trovate scritto (in piccolo ma c'è fidatevi): "miscela di oli comunitari"
significa che in quella confezione c'è olio di provenienza spagnola e greca (cioè quelli europei che costano meno perchè di minor pregio e qualità).
Quello spagnolo è particolarmente pessimo, la varietà utilizzata Picual, passa i test di ammissibilità all'extra vergine perchè "hanno convinto chi dovevano convincere" che quello è il suo sapore;
oli italiani, mi riferisco soprattutto a quelli del centro-nord, che avessero quelle caratteristiche non potrebbero essere classificati quali extra vergine in quanto presenterebbero i difetti di avvinato e riscaldo (essenzialmente il motivo è che gli spagnoli lavorano quantità immense di olive e dopo la raccolta le ammassano per giorni cosìcche queste fermentano dando luogo a processi di ossidazione, le temperature tipicamente calde della Spagna aiutano questo processo di deterioramento).
Questi difetti, pardon, caratteristiche organolettiche tipiche, li troviamo talvolta anche in oli del nostro meridione (territorio in cui va detto, ci sono delle eccellenze produttive). Dipende molto dalla pulizia e modernità del frantoio nonchè dalla tempistica di frangitura delle olive e conservazione delle stesse. E' chiaro che dove fa molto caldo è più difficile ottenere un ottimo olio perchè i processi di ossidazione e fermentazione sono più veloci.

Se sul retro etichetta trovate scritto: "miscela di oli del bacino del mediterraeo"
significa che in quella confezione c'è olio di provenienza nord africana, soprattutto Tunisia e Marocco.
Questo, probabilmente il peggiore degli extra-vergini, è quello certamente prodotto a prezzi inferiori.  

Quindi solo quando trovate scritto "olio ottenuto da olive coltivate in Italia" vi trovate di fronte un olio estratto da frutti italiani. Se ci fosse anche scritto "frante (o molite o lavorate) in Italia" significa che il frantoio è ubicato in Italia.

Ultime righe sulla parola "cultivar" e sul marchio "d.o.p." che in alcuni casi si trova in etichetta.
Con il termine cultivar e/o monocultivar si intende la varietà di olive utilizzata per realizzare quell'olio, è logico che se l'azienda produttrice è ubicata in Liguria, diciamo in provincia di Imperia e viene fatto riferimento alla cultivar Taggiasca (che è un'assoluta tipicità di quella zona) sarete quasi certi che in quella bottiglia ci sarà il frutto franto di quelle terre.
Dico quasi perchè questo vale soprattutto per una piccola azienda agricola, se andiamo nelle grosse produzioni diventa fondamentale la "denominazione di origine protetta" perchè certifica che il contenuto è proprio quello.

Talvolta per una piccola azienda prendere la "dop" per le etichette è troppo sacrificante a livello burocratico (è invece molto semplice avere la dop sulle olive, cioè una stessa azienda agricola può vendere dop le proprie olive ma non il proprio olio), viceversa per una grande azienda senza il marchio "dop" è troppo facile scrivere Taggiasca e riempire il contenitore con altri extra vergine italiani di minor pregio, del resto perchè l'azienda "x" vende l'olio extra vergine Taggiasca dop ad un prezzo ed il Taggiasca ad un altro? Beh, il perchè magari ve lo spiego un'altra volta....


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1 Commenti:

Alle 28 febbraio 2016 alle ore 23:10 , Anonymous Euro Risparmio ha detto...

Complimenti ottimo servizio informativo da consigliare sicuramente grazie!

 

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